IL GATTO A NOVE CODE
  
Produzione: 1971 - Italia/Francia/Germania, Seda Spettacoli/Labrador Films/Mondial Films/Terra Filmkunst/Transconta SA, col., 112 min.
Regia: Dario Argento
Sceneggiatura: Dardano Sacchetti, Luigi Collo, Dario Argento
Effetti visivi: Luciano Vittori
Musica: Ennio Morricone
Interpreti: James Franciscus, Karl Malden, Catherine Spaak, Pier Paolo Capponi, Horst Frank, Rada Rassimov, Aldo Reggiani, Carlo Alighiero, Vittorio Congia, Ugo Fangareggi, Tom Felleghy, Emilio Marchesini, Fulvio Mingozzi, Corrado Olmi, Pino Patti, Umberto Raho, Jacques Stany, Stefano Oppedisano, Ada Pometti, Walter Pinelli, Sacha Helwin, Maria Luise Zetha, Martial Boschero, Cinzia De Carolis, Werner Pochath, Tino Carraro
Il dottor Cassoni, ricercatore dell'Istituto Terzi, all'avanguardia nello studio dei codici genetici, è vittima di un misterioso assassino, poco dopo aver individuato la triade cromosomica "XYY" che rivela, senza ombra di dubbio, la predisposizione di un individuo al crimine. Non essendo stata ancora divulgata la scoperta, la polizia sospetta un caso di spionaggio industriale ma Franco Arnò, un giornalista in pensione, cieco e con l'hobby dell'enigmistica, ritiene che il movente vada cercato nell'attività interna all'Istituto: a sostegno della teoria, c'è la parola "ricatto", udita casualmente, che egli, col senno di poi, crede ricollegabile all'omicidio. Insieme al reporter Giordani, Arnò intraprende così un'indagine parallela a quella degli investigatori che, in un crescendo di tragici delitti (compreso il rapimento della nipotina Lory), lo condurrà a svelare l'identità del colpevole: un ricercatore della stessa clinica il quale, avendo scoperto nel proprio DNA la presenza della fatale malformazione cromosomica, ha creduto di celare la notizia uccidendo coloro che potevano esserne al corrente.
Dopo aver rinnovato il giallo all'italiana liberandolo definitivamente dai pesanti intrecci della tradizione gotico-fantaorrifica con l'opera prima L'uccello dalle piume di cristallo, Dario Argento, alla seconda regia, prova ad innescarvi un'originale premessa pseudoscientifica traendo spunto dal crescente interesse destato nell'opinione pubblica dalle ricerche biogenetiche.
Coerentemente legata agli sviluppi della vicenda, l'idea si presta ad una personalissima metafora dell'ineluttabilità della violenza - più o meno strisciante e pronta ad esplodere in ciascuno di noi - e ad una stimolante (quasi hitchcockiana) riflessione sul mezzo cinematografico come transfert dell'inconscio trasgressivo e vouyeristico dello spettatore. Gli esasperanti primissimi piani della pupilla dilatata dell'assassino sconosciuto (elemento forse orecchiato dal classico La scala a chiocciola) e il racconto in soggettiva delle sue imprese e della sua morte agghiacciante indirizzano lo spettatore ad un forzato gioco di identificazione con l'omicida piuttosto che con il cieco di Karl Malden o con l'aitante (ma molto poco italiano) giornalista di James Franciscus.
Abilmente dosato tra scene di sangue (non ancora ridondanti come nelle opere successive) e felici annotazioni bozzettistiche (le scene nella redazione del giornale rievocano le reali esperienze giornalistiche di Argento) Il gatto a nove code è uno dei film più ingiustamente sottovalutati e meno riproposti del maestro del brivido del cinema italiano.

Distribuito anche con i titoli: Le Chat à neuf queues, Die Neunschwänzige Katze, The Cat o' Nine Tails.

©