THE SHOES OF THE FISHERMAN
  
Titolo italiano: L'UOMO VENUTO DAL KREMLINO
Produzione: 1968 - USA, MGM, col., 162 min.
Regia: Michael Anderson
Sceneggiatura: James Kennaway, John Patrick dal romanzo di Morris L. West
Musica: Alex North
Interpreti: Anthony Quinn, Laurence Olivier, Oskar Werner, David Janssen, Vittorio De Sica, Leo McKern, John Gielgud, Barbara Jefford, Rosemary Dexter, Frank Finlay, Burt Kwouk, Arnoldo Foà, Paul Rogers, George Pravda, Clive Revill, Niall MacGinnis, Marne Maitland, Isa Miranda, Gerald Harper, Leopoldo Trieste, Peter Copley, Arthur Howard, Jean Rougeul
Liberato dopo anni di prigionia comunista, l'arcivescovo russo Kiril Lakota (Anthony Quinn) è eletto cardinale, e, poco tempo dopo, acclamato Papa. Ma la vigilia della sua consacrazione ufficiale è offuscata dal precipitare di una crisi internazionale che contrappone drammaticamente Mosca a Pechino: minati da un'economia sull'orlo della bancarotta e dalla pressione dei popoli ridotti alla miseria, entrambi i paesi cercano un'affermazione in politica estera senza esitare di fronte alla minaccia di scatenare una guerra. Quando, però, il governo cinese mobilita l'esercito alla frontiera, Lakota riceve un inaspettato invito a svolgere opera di mediazione proprio dal suo antico persecutore Kamenev (Laurence Olivier), diventato adesso presidente dell'Unione Sovietica. La morte improvvisa di padre Telemond (Oskar Werner), suo devoto amico e confidente, acuisce il tormento del neoeletto pontefice, preda, come non mai, del dubbio sulla propria missione, ma l'appello alla fede e alla meditazione produce i suoi effetti: nella solenne cerimonia di presentazione ai fedeli, Lakota annuncia la sua ferma volontà di distribuire interamente le ricchezze della Chiesa tra i paesi poveri per contribuire a gettare le premesse di un futuro di pace e di cooperazione.

L'ipotesi di un conflitto tra le due superpotenze comuniste poteva forse, negli anni '60, turbare i sonni di qualche politologo pessimista, ma il ritratto di un pontefice venuto dai paesi dell'Est europeo, che diventa arbitro dei destini dell'umanità (scalzando in questo ruolo perfino l'America) e che, sorretto da una battagliera religiosità francescana, mette in liquidazione le casse del Vaticano apparteneva (e appartiene) alla più spericolata speculazione fantapolitica. Il racconto è, senza dubbio, poco plausibile e spesso sfiora il populismo, ma l'ispirazione umanitaria è sincera.

Realizzato con grandi mezzi e interpretato da grandi divi del cinema internazionale, il film ha buoni momenti di coinvolgimento emotivo, ma è pesantemente penalizzato da una lunghezza eccessiva e da una sottotrama (quella del giornalista americano impersonato da David Janssen) che finisce col restare estranea o marginale.

Distribuito in Italia anche con il titolo Nei panni di Pietro.

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