PLANETA BURG

Titolo italiano: I SETTE NAVIGATORI DELLO SPAZIO

Produzione: 1962 - URSS, Leningrad Studio Popular Science Films, col., 85 min.
Regia: Pavel Klushantsev
Sceneggiatura: Aleksandr Kazantsev, Pavel Klushantsev
Effetti speciali: V. Shelkov, A. Lavrentyev
Musica: Iogann Admoni, Aleksandr Chernov
Interpreti: Vladimir Yemelyanov, Georgi Zhzhyonov, Gennadi Vernov, Yuri Sarantsev, Georgi Tejkh, Kyunna Ignatova
Scampate alla pioggia di meteoriti che ha distrutto l'astronave alla guida della missione su Venere, due navi spaziali giunte ormai nell'orbita del pianeta, ricevono da Terra l'ordine di abbandonare l'impresa. L'equipaggio di una delle due navicelle decide di trasgredire al comando e tentare comunque, nel lasso di tempo che precede le fasi del rientro, una prima esplorazione della superficie venusiana. I calcoli elaborati da un robot programmato per fronteggiare situazioni di emergenza, dovrebbe garantire loro la discesa e la sua compagnia assicurarli contro sconosciuti pericoli, ma, una volta atterrati, gli uomini perdono i contatti con i compagni rimasti nello spazio tanto che costoro decidono di atterrare a loro volta per trarli in salvo. Nel cielo, a coordinare la delicata manovra e a mantenere le comunicazioni con la base, rimane la trepidante Masha, l'unica astronauta donna della storica missione. Sceso su Venere il gruppo scopre che il pianeta ha un'atmosfera malsana: flagellato da piogge torrenziali, Venere ospita una vegetazione insidiosa e tra i profili delle sue montagne e dei vulcani in piena attività, si aggirano le forme gigantesche di animali primordiali... Riusciti ad incontrare i loro compagni che il robot per un improvviso malfunzionamento aveva tentato di uccidere, gli uomini organizzano il ritorno verso la nave di Masha. Al momento di partire, un campione di pietra, corrosa dalla pioggia, rivela il profilo malinconico di un viso femminile e mentre il razzo prende quota, dalla superficie di un lago un'evanescente figura di donna sembra salutare i terrestri con lacerante nostalgia.

Nonostante l'ingenuità dell'insieme, il film di Klushantsev è considerato un vero e proprio classico della fantascienza cinematografica per aver dettato un "percorso strutturale" a successive produzioni americane incentrate sull'esplorazione della galassia. Il disastro nello spazio, l'atterraggio di fortuna, il robot impazzito, la fuga dal pianeta ostile sono momenti che con puntualità cronometrica occuperanno la mente degli sceneggiatori e misureranno il talento e la fantasia dei registi a venire (pensiamo ad esempio al recente Pianeta rosso).
Meno sperimentata (e più intrigante) è invece la bella intuizione di Klushantsev di
simboleggiare in due immagini femminili (l'una reale - Masha - l'altra frutto, forse, dell'allucinazione di un astronauta) la dialettica tra tecnologia e sogno, tra scienza e poesia. Masha, che protegge dall'alto e presiede alle operazioni di salvataggio, è il sicuro riferimento (un po' una madre) per gli uomini in avanscoperta; il fantasma venusiano è un passato irrimediabilmente perduto che l'istinto fortemente rimpiange.

Roger Corman acquistò i diritti per la distribuzione del film in America e ne saccheggiò le sequenze per realizzare altri film (Voyage to the Prehistoric Planet, Voyage to the Planet of Prehistoric Women).

Negli Stati Uniti è noto con i titoli: Cosmonauts on Venus, Planet of Storms, Planet of Tempests, Planeta Bur, Storm Planet.
In Italia è conosciuto anche come Il pianeta delle tempeste.
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